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Il
partito del popolo
C’è del marcio in Danimarca
Il
problema non è la svolta a destra della Danimarca, siamo pur sempre
nell’ambito dell’alternanza e il nuovo premier Rasmussenè un liberale che ha
già ricoperti incarichi di governo. Il problema è che il governo
socialdemocratico uscente non ha deluso l’elettorato per quanto fatto sul
fronte economico. La
Danimarca è un paese sano nei suoi fondamentali, tanto che
i socialdemocratici rimangono il primo partito del Paese. Con ondate
migratorie sempre più imponenti la Copenaghen socialista aveva ristretto le maglie
del suo sistema di accoglienza entrando in urto con la proposta di
ridistribuzione delle quote avanzata da Junker, Thorning- Schnudt ha fatto
appello alla clausola di esclusione che, come Irlanda e Gran Bretagna, la
tiene fuori da obblighi relativi al ricollocamento.
Nemmeno questo passo è servito a spuntare le armi degli avversari,
tenacemente affezionati alle idee xenofobe e populiste che stanno facendo
passi da gigante in tutta Europa. È il caso che anche il ministro Alfano in
Italia ci pensi bene. Se si tratta di usare la ruspa per buttare giù i campi
Rom, Salvini è molto più convincente. La coalizione di destra di Lars Løkke
Rasmussen che aveva lasciato 4 anni fa la guida del governo è tornato a
vincere solo perché la sua coalizione comprende il Partito del popolo danese
(Df) che è una forza populista e xenofoba. Il Df ha fatto sua la bandiera
della lotta all’immigrazione conquistando il 21,1% dei voti e diventando di fatto il secondo partito in Parlamento ed il primo
della nuova maggioranza. E’ come se Berlusconi avesse vinto le elezioni con la Lega primo partito.
L’agenda del nuovo governo danese rischia di entrare in rotta di collisione
con l’Europa fin dal primo momento, esattamente come succederà con la Polonia
del nazionalista Duda, l’Ungheria che alza i muri, la Croazia che disegna
svastiche. Se questa è la tendenza generale, come ha detto Romano Prodi in
un’intervista all’Espresso, di questa settimana, il vecchio continente è
destinato a cambiare drasticamente i suoi connotati. Non si tratta di fare il
verso ai movimenti xenofobi, si tratta di saper gestire senza panico l’ondata
migratoria. Se non ci si riesce, se si applica la linea intransigente che
dimostra le ragioni dei movimenti xenofobi, questi avranno la vittoria
elettorale in tasca, anche nei paesi del sud dell’Europa che fra l’altro sono
direttamente più esposti. È quanto sta accadendo.
Roma, 19 Giugno 2015
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